La fine dell’epoca d’oro

DiMagnus

La fine dell’epoca d’oro

Se la metà degli anni ’70 coincide con l’epoca d’oro del rock, la fine del decennio segna l’inizio della sua parabola discendente. Le trasformazioni sociali e culturali hanno nel frattempo cambiato i giovani, e le nuove generazioni sognano un mondo diverso e lottano in modo differente.

Così si spiegano in parte la nascita del punk, un genere reso famoso da Clash, Ramones e Sex Pistols, e dell’heavy metal, le cui band di punta sono Deep Purple, AC/DC, Europe, Iron Maiden, Motörhead, Kiss, Scorpions…

L’eredità del glam rock

Il boom economico degli anni ’80 segna l’esplosione del consumismo come unico modello culturale possibile, mentre l’importanza della televisione diviene sempre più centrale: è in questo periodo che nasce MTV, la nota emittente televisiva che condiziona il presente e influenza il futuro dell’industria discografica.

È un’epoca controversa: da un lato a prevalere sono ancora gli aspetti eccentrici ed edonisti del glam rock, nato pochi anni prima e incarnati dalla figura androgina di David Bowie, dalla potenza vocale di Freddie Mercury con i suoi Queen, dal fascino di Marc Bolan con i T-Rex. Le sonorità dominanti mettono da parte le chitarre elettriche, sostituite dalle tastiere e da suoni molto più elettronici.

Metal, new wave & Co.

C’è anche il rovescio della medaglia: crescono e si affermano infatti atteggiamenti cupi e distruttivi, a volte satanici, come nel caso di death metal e black metal, spinti dal successo di band più “leggere” come i Metallica; o i testi nichilisti e malinconici, in special modo nell’ambito del post-punk, del dark e della new wave; Cure, Joy Division, Smiths, Talking Heads e altri gruppi nati in questi anni raccontano di depressione, autolesionismo, rassegnazione, portando in musica i disagi di una generazione che si sente spaesata di fronte a un mondo che sembra plastificarsi.

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